Contro solitudine e povertà non solo interventi sui singoli: l’Arci è per una “pedagogia comunitaria”

L'intervento di Vanessa Niri, delegata nazionale Arci Infanzia, adolescenza e politiche educative, alla seconda edizione di "eQua", incontro nazionale in corso a Cremona. "La pedagogia di Arci parte dalla pratica quotidiana, dal confronto con i territori, con le comunità educanti, con le scuole, con i ragazzi e i bambini per elaborare e rielaborare progettualità di intervento educativo, pedagogico, didattico"

"Sono decine e decine le basi associative Arci che lavorano quotidianamente nei propri territori coinvolgendo bambini e ragazzi in attività socio-educative e sperimentazioni pedagogiche: una risposta diffusa, un movimento dal basso che prova a rispondere in modo creativo e sperimentale all'emergenza nazionale legata all'aumento delle povertà, alla dispersione scolastica, all'assenza di protagonismo di bambini e ragazzi". Così Vanessa Niri, delegata nazionale Arci Infanzia, adolescenza e politiche educative, nel suo intervento "per una pedagogia comunitaria" alla seconda edizione di "eQua", l'incontro nazionale contro le diseguaglianze, per i diritti sociali, organizzato dall'Arci dal 13 al 15 aprile a Cremona.

"Luogo principale dell'azione educativa di Arci sono i circoli, ma anche le ludoteche, le scuole, le fattorie didattiche, i progetti di outdoor education, le comunità, i centri educativi, i centri estivi e invernali, gli scambi europei, i viaggi della memoria, i campi antimafia, gli sportelli di ascolto – ha affermato Niri -. Diceva Paulo Freire che 'L'istruzione è costantemente rifatta nella prassi. Per essere, deve essere'. E la pedagogia di Arci parte proprio da questa pratica quotidiana, dal confronto con i territori, con le comunità educanti, con le scuole, con i ragazzi e i bambini per elaborare e rielaborare progettualità di intervento educativo, pedagogico, didattico.
Il tentativo che ogni giorno esercitano le nostre basi associative risponde concretamente ai bisogni – in particolare ai bisogni collegati alle situazioni di povertà assoluta (che coinvolgono il 14,2% dei minori italiani), relativa e educativa – ma prova a coinvolgere tutti gli attori nella ricerca e nella costruzione di contesti di ricerca del desiderio, del piacere, della scoperta, del divertimento, dell'ascolto reciproco, e del confronto".
Si tratta quindi, per Vanessa Niri, di "un lavoro socio-educativo ma anche di un lavoro politico, che utilizza diversi strumenti per sostenere il protagonismo dei più giovani e per restituire a bambini e ragazzi la possibilità di ritrovarsi in spazi e in tempi all'interno dei quali possano sentirsi protagonisti. E quando i circoli e i comitati Arci decidono di concentrarsi su questi aspetti - lasciando ai margini della relazione educativa i modelli performativi, valutativi e di squilibrio di potere – costruiscono strade e sperimentazioni che restituiscono alla pedagogia un valore radicale, politico e profondo".
E ha continuato: "Abbiamo bisogno di ritrovarci – non solo tra di noi ma anche con insegnanti, dirigenti, educatori, ragazzi, enti di terzo settore e istituzioni - per ragionare sul valore e gli obiettivi di una pedagogia che ci piace definire 'pedagogia comunitaria' e che, attraverso il ritorno ad una riflessione profonda e radicale, possa costruire modelli capaci di rispondere alla disgregazione sociale e alla solitudine dei minori e delle famiglie. Non crediamo, infatti, che la battaglia alle solitudini e alle povertà possa procedere esclusivamente per interventi sui singoli, con una strutturazione dei modelli sempre più schiacciata da uno sguardo clinico e clinicizzante che sottovaluta l'impatto positivo che le comunità e i gruppi di pari possono avere nel migliorare la vita e gli apprendimenti dei soggetti più fragili".
Per Niri "la 'pedagogia comunitaria' è - all'opposto della logica di costruzione dei 'servizi' - una strada di forte coinvolgimento di tutti gli attori, che mette al centro i più piccoli e più giovani: un processo che ci vede impegnati a partire dalle pratiche dal basso, che tentiamo poi di connettere ad un processo di riflessione e autoriflessione che ci impegna e ci appassiona".
E' un percorso che ha visto nella prima edizione di eQua uno dei fondamentali momenti di incontro, anche come luogo di riflessione in merito all'impatto che la crisi del Covid sta comportando sui più piccoli e sui più giovani e sulle possibili risposte che Arci può mettere in campo.
"'I poveri non esistono?', ci chiede questa seconda edizione di eQua – ha concluso -. Abbiamo già scritto, e sappiamo, che i poveri tra i bambini e i ragazzi non solo esistono, ma esistono soprattutto tra i minori. Abbiamo quindi bisogno di rimboccarci le maniche e ricostruire una comunità che possa accogliere quel 1.400.000 minori in povertà assoluta, quei 3 milioni circa a rischio povertà, e quell'enorme numero di minori caratterizzati da fenomeni di povertà educativa, abbandono scolastico, ansia, solitudine.  E' un'emergenza nazionale, ed è un'assoluta urgenza". 

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